Patologie trattate
Home » Patologie trattate » Aneurismi Cerebrali
Patologie trattate
Aneurismi Cerebrali
L’aneurisma cerebrale è una circoscritta dilatazione di un’arteria cerebrale.
Si tratta di una malformazione congenita (solo in alcuni rari casi è causata da un trauma cranico o da un’infezione micotica) a carico delle arterie cerebrali che compongono il circolo arterioso encefalico di Willis, in modo particolare nei tratti in cui le arterie si biforcano, punto sottoposto a maggior stress pressorio da parte del flusso ematico. La parete arteriosa si sfianca e forma un “palloncino”, definita sacca aneurismatica, in cui si riconosce un colletto (la base della malformazione che lo collega all’arteria da cui si diparte) ed una cupola. Gli aneurismi possono essere singoli (70-75%) o multipli (25-30%). La principale localizzazione (>90%) è l’arteria carotide interna ed il circolo anteriore e più precisamente:
- Arteria cerebrale anteriore (ACA) e Arteria Comunicante Anteriore (ACoA): 40%
- A. cerebrale media (MCA): 35%
- A. comunicante posteriore (PCoA): 20%
- Circolo posteriore: 5%
Sono più frequenti nelle donne con un rapporto 3:1 rispetto agli uomini.
Quando un aneurisma cerebrale va incontro a rottura, causa un’emorragia intracranica che può variare da un’ emorragia sub-aracnoidea (ESA) di piccola entità fino alla formazione di voluminosi ematomi intracerebrali.
Circa il 6% della popolazione è portatore di un aneurisma cerebrale ma, fortunatamente, l’incidenza di rottura è decisamente inferiore, pari a 10-15 casi /100.000 abitanti all’anno.
In base alle dimensioni essi possono essere classificati in:
- Piccoli: cioè con un diametro inferiore a 7 mm
- Medi: diametro compreso tra 7 e 12 mm
- Grandi: diametro da 13 a 24 mm
- Giganti: diametro superiore a 25 mm
Sintomi
La maggior parte degli aneurismi rimane silente per tutta la vita; possono insorgere sintomi legati all’effetto massa da parte della cupola aneurismatica su strutture nervose circostanti (per esempio riduzione dell’acuità visiva o paralisi del 3° o 6° nervo cranico con conseguenti disturbi dell’oculomozione).
Nei casi in cui l’aneurisma vada incontro a rottura, il quadro clinico cambia drasticamente.
In questo caso i sintomi sono:
- improvvisa e violenta cefalea spesso retro-nucale, definita come “una pugnalata”, “il peggior mal di testa della vita”
- vomito
- rigidità nucale
- fotofobia
- crisi epilettiche
- febbre
- riduzione dello stato di coscienza fino al coma
Nel 30% dei casi un’emorragia conclamata è preceduta da lievi episodi di cefalea (cefalee “sentinella”) causati da sanguinamenti di piccola entità o da aumenti di volume dell’aneurisma che preludono alla sua rottura.
Diagnosi
Sempre più spesso gli aneurismi cerebrali non rotti vengono diagnosticati casualmente mediante RM encefalo eseguita per altri motivi. In caso di sospetto diagnostico si può completare la RM encefalo con le sequenze di Angio-RM.
In caso di sintomatologia da sospetta rottura aneurismatica i pazienti giungono al pronto soccorso e vengono sottoposti a TC encefalo per evidenziare l’eventuale emorragia cerebrale. Se quest’ultima presenta le caratteristiche di un’emorragia sub-aracnoidea si deve eseguire prontamente un’Angio-TC encefalo (una TC con mezzo di contrasto in cui viene ricostruita la morfologia delle arterie cerebrali e quindi dell’eventuale aneurisma), che permette di ottenere le immagini diagnostiche in tempi molto brevi senza procedure invasive.
Nel caso in cui le immagini Angio-TC fossero di dubbia interpretazione o negative, si eseguirà l’angiografia cerebrale, considerata per anni l’esame di riferimento per la diagnosi degli aneurismi. Recentemente, tuttavia, l’introduzione dell’Angio-TC e dell’Angio-RM ha ridotto notevolmente il suo utilizzo a scopo diagnostico, sebbene sia fondamentale per le procedure interventistiche.
Trattamento
Per quanto concerne il trattamento degli aneurismi cerebrali è necessario distinguere tra diagnosi di aneurisma incidentale (non rotto) oppure se siamo davanti ad una emorragia cerebrale da aneurisma sanguinante.
Aneurismi incidentali
Sempre più frequentemente vediamo persone che scoprono casualmente di avere un aneurisma cerebrale; la domanda che viene posta dal paziente di fronte a tale scenario è sempre la stessa: cosa devo fare?
Una volta formulata la diagnosi di aneurisma cerebrale, è necessario valutare i seguenti fattori:
- le dimensioni e la morfologia dell’aneurisma
- la sede dell’aneurisma
- l’età e le condizioni generali di salute del paziente
- eventuali fattori di rischio per la rottura della sacca (fumo, ipertensione, familiarità….)
- presenza di aneurismi cerebrali multipli
- tolleranza del paziente all’idea di avere un aneurisma e non trattarlo, aspetto da non sottovalutare.
Le dimensioni della sacca sono direttamente correlate al rischio di rottura. Studi multicentrici internazionali come l’ISUIA (International Study of Unruptured Intracranial Aneurysms) e l’UCAS (Unruptured Cerebral Aneurysms Study) hanno quantificato un rischio concreto di rottura per gli aneurismi con diametro di 7 mm o maggiore, mentre il rischio di un evento emorragico è basso (ma non zero!) se il diametro è inferiore a 7 mm.
Esiste quindi una “zona grigia” intorno ai 4-7 mm nel quale è necessaria una attenta valutazione per quantificare il rapporto rischio/beneficio del trattamento rispetto alla scelta di non intervenire.
Aneurismi sanguinanti
Di fronte alla diagnosi di emorragia cerebrale da rottura di aneurisma la scelta interventistica è, invece, obbligata nella maggior parte dei casi (sempre che le condizioni cliniche e neurologiche del paziente lo consentano).
E’ importante sottolineare che il 50% dei pazienti colpiti da emorragia cerebrale dovuto alla rottura di un aneurisma va incontro a morte entro 30 giorni anche se sottoposto al trattamento più idoneo.
Questo perchè l’emorragia cerebrale, oltre al danno diretto sulle strutture encefaliche dovuto allo stravaso ematico, può portare a severe complicanze come l’ipertensione endocranica ed il vasospasmo, un evento che consiste nella riduzione del calibro delle arterie fino alla loro completa occlusione, provocando, pertanto, ischemie cerebrali compromettenti.
E’ pertanto imperativo un trattamento tempestivo, in quanto il rischio di risanguinamento di un aneurisma è molto elevato nei primi giorni successivi alla rottura. Il verificarsi di un secondo evento emorragico a breve distanza dal primo comporta, come è intuibile, gravi conseguenze: il risanguinamento si associa ad un incremento di mortalità pari al 75% circa.
Il trattamento degli aneurismi cerebrali può essere di due tipologie:
Trattamento chirurgico (clipping)
Attraverso l’approccio craniotomico si visualizzano le arterie cerebrali individuando l’aneurisma, che viene escluso dalla circolazione cerebrale mediante l’apposizione di una o più clip (piccole mollette in titanio) sul colletto dell’aneurisma.
Questo intervento viene eseguito con l’ausilio delle più moderne tecnologie:
- Microscopio operatorio con fluorangiografia intraoperatoria
- Monitoraggio neurofisiologico intraoperatorio
- Endoscopia 3D
- Flussimetria e microdoppler intraoperatorio
Tutti questi presidi aiutano il neurochirurgo ad assicurarsi che l’aneurisma venga escluso e che le arterie circostanti rimangano pervie.
I rischi dipendono soprattutto dalla sede, morfologia e dimensioni dell’aneurisma, oltre che dall’esperienza del neurochirurgo, il quale deve aver svolto numerosi interventi in questa branca per garantire ottimi standard di sicurezza.
Nella chirurgia degli aneurismi cerebrali non rotti i rischi sono contenuti e normalmente i pazienti vengono dimessi dopo 4-5 giorni di degenza, con una convalescenza di circa 30 giorni.
Trattamento endovascolare (coiling-stenting)
Il trattamento endovascolare è una normale procedura angiografica: si introduce un microcatetere nell’arteria femorale che raggiungerà, sotto guida radioscopica, l’interno della sacca; si procede quindi a riempire l’aneurisma rilasciando delle micro”spirali” (coils) di platino all’interno dell’aneurisma stesso; in altri casi si deciderà, invece, di posizionare uno stent per il tratto dell’arteria da cui di diparte la sacca aneurismatica.
I rischi sono correlati alla possibilità di avere eventi ischemici transitori o permanenti (più alti nello stent che nelle spirali) e nella possibile rottura intraprocedurale dell’aneurisma.
A fronte dell’indubbio vantaggio di essere una metodica mini-invasiva, i risultati del trattamento endovascolare però possono non essere definitivi e necessitano di follow up seriati negli anni.
Complessivamente non si può definire quale procedura sia migliore. Ogni singolo caso va valutato sia dal neurochirurgo che dal neuroradiologo, in quanto alcuni aneurismi hanno maggior successo se trattati chirurgicamente ed altri, viceversa, se trattati per via endovascolare.
Familiarità
Una delle domande più frequenti dei pazienti che hanno vissuto o vivono l’esperienza di un aneurisma cerebrale è la seguente: anche i miei figli possono avere un aneurisma?
Si è visto che nelle famiglie in cui i genitori sono portatori di aneurismi cerebrali i parenti di primo grado (genitori, figli, fratelli) hanno una probabilità del 9-11% di sviluppare la stessa patologia. Altri studi quantificano questo rischio pari al 19-20%.
Senza creare allarmismi, può essere indicato prescrivere ai parenti di primo grado una Angio-RM intracranica (esame non invasivo che non comporta l’esposizione a radiazioni ionizzanti o l’infusione di mezzo di contrasto) per escludere o individuare la presenza di un aneurisma.
Associazione con altre patologie
Alcune malattie sistemiche si associano allo sviluppo di aneurismi intracranici (rene policistico dell’adulto, alcune patologie del connettivo quali la sindrome di Ehlers-Danlos, la sindrome di Marfan).
I pazienti con rene policistico sono considerati a rischio particolarmente elevato e per essi è raccomandato lo screening mediante angio-RM.
Prevenzione
Non esiste un vero programma di prevenzione in quanto non è possibile stabilire con certezza la storia naturale di un aneurisma ma ci si basa unicamente su calcoli statistici.
Nel caso di riscontro occasionale di un aneurisma bisogna consultare il neurochirurgo e se non vi fossero indicazioni a trattamento ma solamente l’osservazione nel tempo, diventa imperativo controllare la pressione arteriosa e soprattutto smettere di fumare.
E’ infatti dimostrato che il fumo di sigaretta rappresenta il maggior fattore di rischio per lo sviluppo e la rottura di un aneurisma cerebrale.